Sempre più professionisti italiani procedono verso la digitalizzazione, e nei loro studi fanno ampio ricorso alle nuove tecnologie. È quanto emerso da una recente indagine condotta su 303.000 professionisti e 222.000 dipendenti per un totale di 525.000 occupati in 153.000 studi professionali, da parte dell’Osservatorio ICT e Professionisti della Business School del Politecnico di Milano.
A commentare i dati dell’infografica realizzata dall’Osservatorio è stata l’AdEPP (Associazione degli enti previdenziali privati) nel corso del convegno “Crescita, innovazione, competitività. I professionisti e le ICT”: analizzando i dati, il presidente dell’AdEPP Andrea Camporese, ha evidenziato come in realtà, nel 73% dei casi, a spingere i professionisti verso la digitalizzazione sono gli obblighi di legge e non le personali necessità. Il campione – composto da avvocati per il 48%, commercialisti per il 37%, consulenti del lavoro per il 5% e studi multidisciplinari per il 10% – risulta in possesso:
- nel 30% dei casi, di un proprio sito internet ma, secondo le intenzioni manifestate dai partecipanti all’indagine, la percentuale dovrebbe presto salire al 68%;
- nel 25% dei casi di una gestione elettronica documentale (anche qui la percentuale dovrebbe salire al 68%);
- il 25% utilizza la fatturazione elettronica, ma presto lo farà il 73% del campione.
Mentre gli studi professionali vorrebbero inserire in primis, nel proprio portafoglio, soluzioni innovative da offrire alle imprese clienti quali conservazione digitale e fatturazione elettronica, i 3 milioni e mezzo di aziende seguite da questi professionisti desidererebbero ricevere dagli studi, fra i nuovi servizi “non tradizionali”:
- consulenza economica (39%);
- attività di marketing e ricerca mercati (31%);
- conformità normativa dei processi (29%);
- gestione e recupero crediti (23%).
In linea di massima, le aziende sono soddisfatte delle prestazioni dello studio ma non si sentono adeguatamente seguite. Ne è emerso un quadro di PMI coscienti di quanto il mondo digitale, fatto di web, mobile, e-commerce, social media e così via, rappresenti uno strumento strategico per qualsiasi business, ma anche che c’è ancora molta strada da fare.
Attualmente questa la situazione delle PMI italiane:
- la quasi totalità delle imprese (90,43%) possiede un sito web;
- il 37,96% ha ottimizzato il proprio sito per poter esser visualizzato da mobile devices;
- il 25,55% promuove il proprio sito tramite attività di Search Engine Optimisation (SEO);
- il 45,21% utilizza strumenti di e-mail marketing per inviare newsletter e/o offerte commerciali;
- il 14,6 % effettua attività di Search Engine Marketing (SEM);
- il 54,13%) possiede una propria pagina sui social;
- il 20,13% vende online (e-commerce);
- il 71,29% non ha creato app per i dispositivi mobile.
Inoltre si moltiplicano le PMI innovative in Italia, tanto che il nostro Paese risulta il secondo in Europa per numero di piccole e medie imprese innovative, dopo la Germania. A rivelarlo è lo studio CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccola e media impresa) eFondazione Symbola, intitolato “Le PMI e la sfida della qualità: un’economia a misura d’Italia”. Per dirla in numeri:
- in Germania ci sono 90.395 PMI che hanno introdotto innovazioni di processo o di prodotto;
- in Italia ce ne sono 65.481;
- il Regno Unito segue a distanza con 44.623 PMI innovative;
- in Francia ce ne sono 37.924;
- in Spagna 24.159.
Di quelle oltre 65 mila imprese, quasi 54 mila, cioè più dell’80%, hanno meno di 50 addetti: segno evidente che le dimensioni delle nostre PMI non sono affatto un ostacolo all’innovazione e che il nostro paese procede sempre verso la digitalizzazione.
Per conoscere i dati sulla digitalizzazione in Italia vai su: http://www.pmi.it/tecnologia/infrastrutture-it/news/97715/digitalizzazione-boom-negli-studi-professionali.html